Il 27 dicembre 2020, in Europa, è partita simbolicamente la campagna vaccino anti Covid-19 in seguito all’approvazione da parte dell’EMA (European Medicines Agency), con l’obiettivo di raggiungere al più presto la così detta immunità di gregge per il SARS-CoV2.
La campagna prevede una fase iniziale, che dovrà essere limitata, per il numero di dosi consegnate. Essa poi si svilupperà in continuo crescendo. Il Ministero della Salute spiega che i vaccini saranno offerti a tutta la popolazione, secondo un ordine di priorità, che tiene conto del rischio di malattia, dei tipi di vaccino e della loro disponibilità. Inoltre, al momento non è intenzione del Governo disporre l’obbligatorietà della vaccinazione.
I primi a che riceveranno il vaccino anti covid-19 saranno gli operatori sanitari e le persone più anziane, seguiranno pazienti con patologie croniche a rischio e immunodeficienza, personale scolastico a rischio, over60, lavoratori delle forze dell’ordine per poi essere esteso al resto della popolazione senza vincoli di età e di condizioni di salute.
A proposito di vaccino anti Covid-19 e lavoratori, viene spontaneo domandarsi: i datori di lavoro come dovranno procedere?
I lavoratori sono obbligati ad effettuare il vaccino in azienda? Prima di andare nel dettaglio, è utile leggere alcune informazioni fornite dall’AIFA (Agenzia Italiana del Farmaco) per capire meglio il funzionamento del tanto atteso vaccino.
A cosa serve il vaccino anti Covid-19?
Il vaccino anti Covid-19, viene somministrato in due iniezioni, solitamente nel muscolo della parte superiore del braccio, a distanza di almeno 21 giorni l’una dall’altra.
Questo serve a prevenire la malattia da coronavirus 2019 (COVID-19) nei soggetti di età pari o superiore a 16 anni e contiene una molecola denominata RNA messaggero (mRNA) con le istruzioni per produrre una proteina presente su SARS-CoV-2, il virus responsabile di COVID-19.
AIFA sottolinea che il vaccino non contiene il virus e non può provocare la malattia. Dagli studi condotti, è stata dimostrata l’efficacia dopo una settimana dalla seconda dose.
Alla domanda “le persone vaccinate possono trasmettere comunque l’infezione ad altre persone?”, AIFA risponde che dagli studi clinici condotti finora è stata valutata l’efficacia del vaccino COVID-19 mRNA BNT162b2 (Comirnaty) sulle forme clinicamente manifeste di COVID-19 ed è necessario più tempo per ottenere dati significativi per dimostrare se i vaccinati si possono infettare in modo asintomatico e contagiare altre persone.
AIFA specifica, comunque, che sebbene sia plausibile che la vaccinazione protegga dall’infezione, i vaccinati e le persone che sono in contatto con loro devono continuare ad adottare le misure di protezione anti COVID-19.
Per chi ha già avuto un’infezione da COVID-19, confermata, viene precisato che la vaccinazione non contrasta con una precedente infezione da COVID-19, anzi potenzia la sua memoria immunitaria, per cui non è utile alcun test prima della vaccinazione. Ma coloro che hanno avuto una diagnosi di positività a COVID-19 non necessitano di una vaccinazione nella prima fase della campagna vaccinale, mentre questa potrebbe essere considerata quando si otterranno dati sulla durata della protezione immunitaria.
Dopo tale premessa torniamo al discusso argomento sull’obbligatorietà del Vaccino anti Covid-19 in azienda:
Premettiamo che non è così semplice dare una risposta secca perché è necessario analizzare le specifiche situazioni e le normative in materia. Per comprendere meglio è inevitabile fare riferimento al Testo unico della sicurezza sul lavoro (D.Lgs.81/08) che classifica la SARSCoV-2 come patogeno per l’uomo del gruppo di rischio 3, (ALLEGATO XLVI del D. Lgs. 81/08) e che all’articolo 279 – comma 2 recita:
“il datore di lavoro, su conforme parere del medico competente, adotta misure protettive particolari per quei lavoratori per i quali, anche per motivi sanitari individuali, si richiedono misure speciali di protezione, fra le quali: a) la messa a disposizione di vaccini efficaci per quei lavoratori che non sono già immuni all’agente biologico presente nella lavorazione, da somministrare a cura del medico competente; b) l’allontanamento temporaneo del lavoratore secondo le procedure dell’articolo 42”.
Tuttavia è bene sottolineare che la messa a disposizione del vaccino contro il Covid-19, non è sufficiente a rendere obbligatoria per i lavoratori la sottoposizione al vaccino anti Covid-19, ma va anche precisato che alla lettera a) il TUSL impone l’allontanamento temporaneo del lavoratore secondo le procedure dell’articolo 42. Questo a sua volta dice che il datore di lavoro attua le misure indicate dal medico competente e qualora le stesse prevedano un’inidoneità alla mansione specifica adibisce il lavoratore, quando possibile, ad altra mansione compatibile allo stato di salute.
In tutto ciò non va comunque dimenticato quando detto dalla Corte Costituzionale nella sentenza n.118 26 maggio-23 giugno 2020 dove viene sottolineato il comune scopo “di garantire e tutelare la salute (anche) collettiva, attraverso il raggiungimento della massima copertura vaccinale. In questa prospettiva, incentrata sulla salute quale interesse, obiettivo della collettività, non vi è differenza qualitativa tra obbligo e raccomandazione: l’obbligatorietà del trattamento vaccinale è semplicemente uno degli strumenti a disposizione delle autorità sanitarie pubbliche per il perseguimento della tutela della salute collettiva, al pari della raccomandazione”.
Il ruolo del medico competente diventa così determinante in queste situazioni, come specificato dall’INAIL nei casi in cui dalla valutazione dei rischi si evidenzi la necessità di misure speciali di protezione, il datore di lavoro (su parere conforme del medico competente) adotta la vaccinazione come misura protettiva particolare per i lavoratori che non siano già immuni all’agente biologico. Le vaccinazioni possono essere obbligatorie, come requisito di legge, per poter svolgere uno specifico lavoro (in capo al datore di lavoro) o raccomandate per poter lavorare in sicurezza (in capo al medico competente).
Inoltre la messa a disposizione e la somministrazione dei vaccini deve essere integrata all’interno di una più ampia strategia di prevenzione, tenendo in considerazione: l’obbligatorietà o meno del vaccino, il rischio di contrarre la patologia senza vaccino, gli esiti clinici della patologia per cui si propone il vaccino, l’esistenza di misure efficaci alternative, le caratteristiche immunologiche e dello stato di salute del soggetto. Il lavoratore deve essere adeguatamente informato dal medico competente sul rischio valutato, sui vantaggi/inconvenienti delle vaccinazioni proposte e, all’atto vaccinale, sottoscrivere il consenso.
Sicuramente il ruolo del medico competente è di fondamentale importanza per promuovere l’utilizzo della pratica vaccinale quale strumento di prevenzione nei luoghi di lavoro in quanto, in funzione dei compiti che riveste, egli rappresenta una figura centrale del sistema di gestione della sicurezza e della salute dei lavoratori.
Si riporta di seguito anche l’intervista a Raffaele Guariniello magistrato e giurista sull’argomento :